danzare con le stelle - di adele di giovanni
- 2 agosto 2015 -
Cosa può rendere perfetto un sabato sera estivo di chi, come me, ama l’arte e la danza con ogni fibra del suo corpo?
Ieri sera, 1 agosto, al Teatro Antico di Segesta è andato in scena Ritratti d’Amore, una performance danzata che traeva “ispirazione dagli elementi fondamentali della vita”, inserito all'interno dello splendido festival Dionisiache 2015: una rassegna artistica che, fino al 12 settembre farà rivivere questo magnifico sito storico. A rendere uno spettacolo così ancora più speciale di quanto un teatro greco risalente al III a.c. non possa già fare, sono stati Sara Renda, dal dicembre scorso Prima Ballerina all’Opera di Bourdeaux, Roman Mikhalev e Alvaro Rodriguez Pignera, rispettivamente Etolie e Solista sempre presso la stessa compagnia, ospiti d’onore della serata che ha visto la partecipazione anche della compagnia italiana ProBallet Italia, diretta da Marcello Algeri.
Una location fiabesca, immersa nel verde e nel silenzio, che si affaccia sullo splendido Templio di Cerere a Segesta, ha fatto da cornice a questa serata di grandissimo livello culturale, lasciando gli spettatori senza fiato, con una luna piena spendente a fare da faro illuminante sul palco che ha ospitato questa serata.
Il pezzo di apertura era “Suite en Blanc” su musiche di Bach, tecnicamente molto ben eseguito e con coreografie di Marcello Algeri. Seppur non troppo entusiasmante, forse per lo stile coreografico o perché semplicemente il pubblico non aspettava altro che vedere in scena Sara, l’insieme è risultato comunque gradevole e di apprezzabile esecuzione.
Tuttavia, l’emozione di vedere dal vivo il Gran Pas de Deux dello “Schiaccianoci”, su musiche di Tchaikovsky, è stata sicuramente differente. Maestosità, grazia ed eleganza hanno regnato sovrane su questo pezzo, che ha visto Roman Mikhalev come Principe e Sara Renda nei panni di Clara, ruolo d’esordio della sua carriera da Prima Ballerina.
Nonostante le difficoltà nel ballare su un palco non professionale, la performance è stata quasi impeccabile, ma al di là di questo, quello che è subito saltato all’occhio è stata la differenza tra un’esecuzione, che non richiede altro che una competenza tecnica, e l’interpretazione che invece questi ballerini hanno portato in scena con tutta la professionalità che artisti di questo calibro possiedono.
La serata è andata avanti sulle note dell’ipnotico “Bolero” di Ravel, dai tratti misteriosi ed è stata contornata da un’esibizione di altissimo livello della compagnia ProBallet. Non solo tecnica questa volta, critica che invece può forse essere mossa per quanto riguarda il primo pezzo, ma anche passione e sensualità. Forse aiutati anche dalla musica, che riesce a tenere sempre incollati al palco migliaia di spettatori, i ballerini questa volta si sono esibiti in una performance appassionante e coinvolgente, ricca di pathos e sentimento, che ha messo in risalto le doti indiscusse di Bianca Bonaldi, ballerina che, senza nulla togliere a tutti gli altri, merita una menzione speciale per la splendida qualità di movimento e l’ottima capacità interpretativa.
A mio avviso comunque, il vero fiore all’occhiello della serata è stato il Pas de Deux da “Romeo e Giulietta”, interpretato da Sara Renda e Alvaro Rodriguez Pignera, sulle musiche di Prokofiev e con una coreografia di Charles Jude. In questo passo a due è emersa tutta la potenza scenica della coppia di danzatori, che ha reso il momento del Balcone dell’opera di Shakespeare, carico di emozioni: da pelle d’oca.
Un amore fresco, divertente, ingenuo e sognante: lui che la rincorre e lei che fugge, finchè alla fine, Giulietta, non può che abbandonarsi alle braccia del suo amato Romeo, che riesce a farla letteralmente volare da una parte all’altra del palco, con grazia e passione. Una complicità disarmante quella che emerge dalla coppia Renda-Pignera, come se si conoscessero da una vita, che per quel che ne sappiamo noi potrebbe anche essere. Sembravano capirsi con uno sguardo, i tempi tra di loro erano perfettamente coordinati e l’emozione che emerge nei due baci alla fine della coreografia riesce a far scendere anche una lacrimuccia a chi, come me lo ammetto, ha sempre sognato di vivere il palcoscenico in questo modo.
Potrei parlarne per ore, la leggiadria dei caricamenti, la grinta dei giri e la forza nei salti, il tutto contornato dal chiaro di luna e da delle stelle meravigliose, hanno reso questo il mio pezzo preferito di tutta la serata che si è conclusa con un’ultima (e forse un po’ troppo lunga, per quanto divertente e simpatica nell’ideazione) esibizione della ProBallet.
È impossibile rendere a parole le emozioni che si provano quando ci si trova davanti alla Grande Danza. Non è la scenografia che fa uno spettacolo e nemmeno l’indice d’ascolto televisivo: sono le persone. La danza – e non mi stancherò mai di ripeterlo – è per prima cosa comunicazione. Se non si riesce a esprimere a pieno il carattere di quello che si sta interpretando, è inutile avere un corpo di ballo fatto da migliaia di ballerini o coreografi provenienti da chissà quale parte del mondo (e ogni riferimento a cose o persone è puramente casuale). La danza vera si guarda a teatro, si guarda sul palcoscenico, perché è lì che l’emozione umana riesce ad abbattere la barriera invisibile che divide gli spettatori dai performers.
Sperando di avervi regalato almeno un briciolo dell’energia vitale che questo spettacolo mi ha regalato ieri sera, chiudo questo articolo sottolineando il fatto che tutti i ballerini che si sono esibiti sono stati praticamente eccezionali e che qualsiasi critica è semplicemente legata ad un mero gusto soggettivo.
L’Italia dovrebbe vivere di serate come questa, dovrebbe essere piena di talenti che invece, come Sara, hanno trovato all’estero una casa che valorizzi a pieno le loro capacità e che riconosce indiscussamente i sacrifici e le fatiche che una vita sotto i riflettori richiede. Sembra banale, ma per chi vede tutto questo splendore dall’esterno, non è semplice capire effettivamente quanti sforzi ci sono dietro la realizzazione di un sogno come quello di Sara Renda e di tanti altri nel mondo.
Non basta il talento, che senz’altro è evidente, serve anche grinta, determinazione, sangue freddo e tantissimo coraggio per essere una ballerina a quei livelli che, dopo anni di studio e lavoro, riesce ad emozionare il palcoscenico di “casa sua”, con fierezza e orgoglio.
Ieri sera, 1 agosto, al Teatro Antico di Segesta è andato in scena Ritratti d’Amore, una performance danzata che traeva “ispirazione dagli elementi fondamentali della vita”, inserito all'interno dello splendido festival Dionisiache 2015: una rassegna artistica che, fino al 12 settembre farà rivivere questo magnifico sito storico. A rendere uno spettacolo così ancora più speciale di quanto un teatro greco risalente al III a.c. non possa già fare, sono stati Sara Renda, dal dicembre scorso Prima Ballerina all’Opera di Bourdeaux, Roman Mikhalev e Alvaro Rodriguez Pignera, rispettivamente Etolie e Solista sempre presso la stessa compagnia, ospiti d’onore della serata che ha visto la partecipazione anche della compagnia italiana ProBallet Italia, diretta da Marcello Algeri.
Una location fiabesca, immersa nel verde e nel silenzio, che si affaccia sullo splendido Templio di Cerere a Segesta, ha fatto da cornice a questa serata di grandissimo livello culturale, lasciando gli spettatori senza fiato, con una luna piena spendente a fare da faro illuminante sul palco che ha ospitato questa serata.
Il pezzo di apertura era “Suite en Blanc” su musiche di Bach, tecnicamente molto ben eseguito e con coreografie di Marcello Algeri. Seppur non troppo entusiasmante, forse per lo stile coreografico o perché semplicemente il pubblico non aspettava altro che vedere in scena Sara, l’insieme è risultato comunque gradevole e di apprezzabile esecuzione.
Tuttavia, l’emozione di vedere dal vivo il Gran Pas de Deux dello “Schiaccianoci”, su musiche di Tchaikovsky, è stata sicuramente differente. Maestosità, grazia ed eleganza hanno regnato sovrane su questo pezzo, che ha visto Roman Mikhalev come Principe e Sara Renda nei panni di Clara, ruolo d’esordio della sua carriera da Prima Ballerina.
Nonostante le difficoltà nel ballare su un palco non professionale, la performance è stata quasi impeccabile, ma al di là di questo, quello che è subito saltato all’occhio è stata la differenza tra un’esecuzione, che non richiede altro che una competenza tecnica, e l’interpretazione che invece questi ballerini hanno portato in scena con tutta la professionalità che artisti di questo calibro possiedono.
La serata è andata avanti sulle note dell’ipnotico “Bolero” di Ravel, dai tratti misteriosi ed è stata contornata da un’esibizione di altissimo livello della compagnia ProBallet. Non solo tecnica questa volta, critica che invece può forse essere mossa per quanto riguarda il primo pezzo, ma anche passione e sensualità. Forse aiutati anche dalla musica, che riesce a tenere sempre incollati al palco migliaia di spettatori, i ballerini questa volta si sono esibiti in una performance appassionante e coinvolgente, ricca di pathos e sentimento, che ha messo in risalto le doti indiscusse di Bianca Bonaldi, ballerina che, senza nulla togliere a tutti gli altri, merita una menzione speciale per la splendida qualità di movimento e l’ottima capacità interpretativa.
A mio avviso comunque, il vero fiore all’occhiello della serata è stato il Pas de Deux da “Romeo e Giulietta”, interpretato da Sara Renda e Alvaro Rodriguez Pignera, sulle musiche di Prokofiev e con una coreografia di Charles Jude. In questo passo a due è emersa tutta la potenza scenica della coppia di danzatori, che ha reso il momento del Balcone dell’opera di Shakespeare, carico di emozioni: da pelle d’oca.
Un amore fresco, divertente, ingenuo e sognante: lui che la rincorre e lei che fugge, finchè alla fine, Giulietta, non può che abbandonarsi alle braccia del suo amato Romeo, che riesce a farla letteralmente volare da una parte all’altra del palco, con grazia e passione. Una complicità disarmante quella che emerge dalla coppia Renda-Pignera, come se si conoscessero da una vita, che per quel che ne sappiamo noi potrebbe anche essere. Sembravano capirsi con uno sguardo, i tempi tra di loro erano perfettamente coordinati e l’emozione che emerge nei due baci alla fine della coreografia riesce a far scendere anche una lacrimuccia a chi, come me lo ammetto, ha sempre sognato di vivere il palcoscenico in questo modo.
Potrei parlarne per ore, la leggiadria dei caricamenti, la grinta dei giri e la forza nei salti, il tutto contornato dal chiaro di luna e da delle stelle meravigliose, hanno reso questo il mio pezzo preferito di tutta la serata che si è conclusa con un’ultima (e forse un po’ troppo lunga, per quanto divertente e simpatica nell’ideazione) esibizione della ProBallet.
È impossibile rendere a parole le emozioni che si provano quando ci si trova davanti alla Grande Danza. Non è la scenografia che fa uno spettacolo e nemmeno l’indice d’ascolto televisivo: sono le persone. La danza – e non mi stancherò mai di ripeterlo – è per prima cosa comunicazione. Se non si riesce a esprimere a pieno il carattere di quello che si sta interpretando, è inutile avere un corpo di ballo fatto da migliaia di ballerini o coreografi provenienti da chissà quale parte del mondo (e ogni riferimento a cose o persone è puramente casuale). La danza vera si guarda a teatro, si guarda sul palcoscenico, perché è lì che l’emozione umana riesce ad abbattere la barriera invisibile che divide gli spettatori dai performers.
Sperando di avervi regalato almeno un briciolo dell’energia vitale che questo spettacolo mi ha regalato ieri sera, chiudo questo articolo sottolineando il fatto che tutti i ballerini che si sono esibiti sono stati praticamente eccezionali e che qualsiasi critica è semplicemente legata ad un mero gusto soggettivo.
L’Italia dovrebbe vivere di serate come questa, dovrebbe essere piena di talenti che invece, come Sara, hanno trovato all’estero una casa che valorizzi a pieno le loro capacità e che riconosce indiscussamente i sacrifici e le fatiche che una vita sotto i riflettori richiede. Sembra banale, ma per chi vede tutto questo splendore dall’esterno, non è semplice capire effettivamente quanti sforzi ci sono dietro la realizzazione di un sogno come quello di Sara Renda e di tanti altri nel mondo.
Non basta il talento, che senz’altro è evidente, serve anche grinta, determinazione, sangue freddo e tantissimo coraggio per essere una ballerina a quei livelli che, dopo anni di studio e lavoro, riesce ad emozionare il palcoscenico di “casa sua”, con fierezza e orgoglio.
TALENTI IN VETRINA - Di Adele Di Giovanni
- 27 aprile 2015 -
Ogni volta che si parla di danza classica, le reazioni che si possono ammirare nei visi delle persone sono potenzialmente due: ammirazione e gioia negli occhi di chi deve andare a vedere un qualsiasi spettacolo oppure un brivido di noia cosmica, che parte dalla punta dei piedi e percorre tutta la colonna vertebrale, soltanto al pensiero che dovrete stare seduti come minimo un paio d’ore a guardare dei pupazzetti in calzamaglia che danzano.
Di solito, infatti, questo genere di spettacoli, quelli classici che per nulla al mondo possono essere vittime di contaminazioni da parte del secolo in corso perché sennò la gente non li degna nemmeno di uno sguardo, se non vantano grandi e rispettabilissimi nomi in cartellone rischiano di essere considerati come “amatoriali” e “noiosi”, da parte di quel pubblico che difficilmente riesce a staccarsi dalle abitudini e che quindi se non vede sempre i soliti e rassicuranti nomi sul palinsesto di un teatro, nemmeno esce di casa per provare nuove esperienze: Grease, che è ancora in scena al Teatro della Luna di Milano come ogni anno, per quanto possa essere fatto bene ed essere curato nei minimi dettagli, ne è l’esempio lampante.
A volte però basterebbe aprire gli occhi e provare a dare fiducia ad altri generi di spettacoli, o anche semplicemente a compagnie amatoriali, di danzatori o attori che siano, perché è soltanto in questo modo che l’arte, anche quella che non dispone di grosse somme di denaro per autoprodursi, riuscirà a essere degnamente promossa in questo paese, che, purtroppo, non le dedica la dovuta attenzione.
È proprio questo il caso di cui mi trovo a parlare adesso. Lo scorso 21 aprile, infatti, all’interno dell’istituto scolastico Marcelline di Milano, che vanta al suo interno un auditorium-teatro, si è tenuta una serata di Gala in cui in cui si sono esibiti gli allievi dell’Accademia Ucraina di Balletto, portando in scena diverse esibizioni di repertorio del mondo classico, sia singole che di gruppo.
In queste circostanze, la prima cosa che verrebbe da pensare è che si sarebbe trattato dell’ennesima serata “noiosa”, “lunga”, piena di gente che abbozza passi di danza, ma che con essa invece non ha quasi niente in comune, perché se fossero veramente bravi, probabilmente, si sarebbero esibiti in un “teatro vero”, con un “palco vero” e dei “cartelloni pubblicitari” con il loro nome sopra. Beh, indovinate? Non è stato così. È vero, si è trattato di una classica serata in compagnia delle più famose variazioni ed esibizioni dei più celebri balletti del mondo, quindi forse il “punto fantasia” non possiamo assegnarglielo, ma nel complesso, la serata è stata più che piacevole.
Quello che più mi ha fatto sorridere è stato vedere negli occhi di tutti i singoli artisti, o quantomeno nella maggior parte di essi, quella voglia di palcoscenico e quell’emozione che , molto spesso, negli artisti con più esperienza tende a perdersi, lasciando il posto a mere esecuzioni tecniche, sterili e fredde, che trasmettono molto poco allo spettatore.
Spesso, infatti, anche a causa della strumentalizzazione televisiva che la danza ha subito in questi anni, ci si dimentica che lo scopo primario di questa disciplina tersicorea è la comunicazione. Per questo nasce la danza, per comunicare. Poi, è ovvio, con il passare dei secoli, è nata la tecnica che contraddistingue i movimenti che noi tutti abbiamo imparato a conoscere e a studiare, ma non bisogna sottovalutare quel fattore emotivo che la danza dovrebbe rappresentare e che, a mio parere, resta comunque il più importante e il più immediato, lo stesso che porta lo spettatore a decidere se quella determinata esibizione è stata “bella oppure no”.
Nel corso del Galà sopracitato, i ragazzi si sono cimentati in parecchie performances, molte delle quali di notevole difficoltà tecnica, e tutti a modo loro hanno mostrato il loro livello di preparazione all’interno dell’accademia. Tuttavia, come già affermato in precedenza, vorrei sottolineare che la “tecnica”, seppur molto importante visto il genere di spettacolo, non è tutto. Un ballerino, o ballerina che sia, deve avere quel “qualcosa in più” che lasci lo spettatore senza fiato, viso, cuore, anima e corpo devono essere un’unica entità, bisogna essere coscienti di cosa si sta ballando e del personaggio che si sta interpretando. Ballare un ruolo, infatti, è anche recitarne il personaggio: bisogna camminare come camminerebbe lui, girare come girerebbe lui, respirare e pensare come lo farebbe lui, non si è più semplicemente se stessi, ma si diventa qualcun altro per poco più di tre minuti. È proprio questo che rende l’arte, la danza in questo caso, così speciale ed è proprio questo che chi lavora con dei giovani talenti della danza dovrebbe insegnare, oltre all’aspetto tecnico della disciplina. Se fosse solo tecnica, non sarebbe arte, sarebbe sport.
Tra le esibizioni più complete della serata, quelle che lasciano ben sperare sul futuro artistico della danza italiana, possiamo citare la prima odalisca del Pas De Trios del Corsaro, atto terzo, interpretato da una scioltissima Valentina Daniel, nei panni di Medora una bellissima schiava greca. Agile, espressiva e dinamica, questo giovane talento ha proposto un’interpretazione ottima di questa variazione, semplice soltanto in apparenza.
Stessi commenti positivi possiamo esprimerli in relazione ad altre due splendide esecuzioni: la seconda variazione del Pas De Trois del “Lago dei Cigni”, interpretata da Irene Criscino e una variazione tratta da Paquita, per opera di Selina Benedetti in un elegante tutù color oro. Tutte e tre le ragazze frequentano l’ultimo corso dell’Accademia Ucraina e si diplomeranno alla fine dell’anno, quindi non stupisce che queste tre siano state tra le performances migliori della serata.
Altre due esibizioni che hanno lasciato tutti gli spettatori a bocca aperta, sono state sicuramente quelle interpretate da Ilaria Graci e Ramon Agnelli. La prima ha impersonato la meravigliosa Kitri, proponendo la variazione tratta dal terzo atto del Don Quisciotte, famosa per essere una variazione vivace e ricca di stile, entrambi elementi messi in scena in modo eccellente. Ramon invece, ha stupito tutti con una frizzante esibizione tratta da Markitenka, un balletto russo in un atto musicato da Cesare Pugni, virtuoso ed energico questo giovane talento farà sicuramente parlare di sé in futuro, visto il modo in cui ha interpretato questo personaggio.
Non essendo questa una vera e propria recensione, vorrei non soffermarmi sulle critiche negative né tantomeno sull’analisi tecnica specifica di questa serata di Gala, poiché non essendo ancora “danzatori professionisti”, nel senso che per adesso non vengono retribuiti per ballare, credo che ci sia un ampio margine di miglioramento in ognuno di loro e che avranno tempo a sufficienza per essere criticati in futuro, quando entreranno a pieno regime nel mondo del lavoro artistico, che pullula di “critici” che non vedono l’ora di sfogarsi. C’è anche da dire che probabilmente non tutti diventeranno ballerini, alcuni insegneranno, altri saranno parte di qualche corpo di ballo, altri ancora lasceranno la danza classica per favorire altri stili, ma in ogni caso quello che gli auguro è di non perdere quella passione che si è letta nei loro occhi, perché è quella la vera fiamma dell’arte.
Se siete curiosi di vederli all’opera, sotto i riflettori di un teatro di tutto rispetto, i ragazzi dell’accademia metteranno in scena l’intramontabile Lago dei Cigni, musicato da Pëtr Il'ič Čajkovskij, il prossimo 17 maggio al Teatro degli Arcimboldi di Milano. Un appuntamento da non perdere!
Di solito, infatti, questo genere di spettacoli, quelli classici che per nulla al mondo possono essere vittime di contaminazioni da parte del secolo in corso perché sennò la gente non li degna nemmeno di uno sguardo, se non vantano grandi e rispettabilissimi nomi in cartellone rischiano di essere considerati come “amatoriali” e “noiosi”, da parte di quel pubblico che difficilmente riesce a staccarsi dalle abitudini e che quindi se non vede sempre i soliti e rassicuranti nomi sul palinsesto di un teatro, nemmeno esce di casa per provare nuove esperienze: Grease, che è ancora in scena al Teatro della Luna di Milano come ogni anno, per quanto possa essere fatto bene ed essere curato nei minimi dettagli, ne è l’esempio lampante.
A volte però basterebbe aprire gli occhi e provare a dare fiducia ad altri generi di spettacoli, o anche semplicemente a compagnie amatoriali, di danzatori o attori che siano, perché è soltanto in questo modo che l’arte, anche quella che non dispone di grosse somme di denaro per autoprodursi, riuscirà a essere degnamente promossa in questo paese, che, purtroppo, non le dedica la dovuta attenzione.
È proprio questo il caso di cui mi trovo a parlare adesso. Lo scorso 21 aprile, infatti, all’interno dell’istituto scolastico Marcelline di Milano, che vanta al suo interno un auditorium-teatro, si è tenuta una serata di Gala in cui in cui si sono esibiti gli allievi dell’Accademia Ucraina di Balletto, portando in scena diverse esibizioni di repertorio del mondo classico, sia singole che di gruppo.
In queste circostanze, la prima cosa che verrebbe da pensare è che si sarebbe trattato dell’ennesima serata “noiosa”, “lunga”, piena di gente che abbozza passi di danza, ma che con essa invece non ha quasi niente in comune, perché se fossero veramente bravi, probabilmente, si sarebbero esibiti in un “teatro vero”, con un “palco vero” e dei “cartelloni pubblicitari” con il loro nome sopra. Beh, indovinate? Non è stato così. È vero, si è trattato di una classica serata in compagnia delle più famose variazioni ed esibizioni dei più celebri balletti del mondo, quindi forse il “punto fantasia” non possiamo assegnarglielo, ma nel complesso, la serata è stata più che piacevole.
Quello che più mi ha fatto sorridere è stato vedere negli occhi di tutti i singoli artisti, o quantomeno nella maggior parte di essi, quella voglia di palcoscenico e quell’emozione che , molto spesso, negli artisti con più esperienza tende a perdersi, lasciando il posto a mere esecuzioni tecniche, sterili e fredde, che trasmettono molto poco allo spettatore.
Spesso, infatti, anche a causa della strumentalizzazione televisiva che la danza ha subito in questi anni, ci si dimentica che lo scopo primario di questa disciplina tersicorea è la comunicazione. Per questo nasce la danza, per comunicare. Poi, è ovvio, con il passare dei secoli, è nata la tecnica che contraddistingue i movimenti che noi tutti abbiamo imparato a conoscere e a studiare, ma non bisogna sottovalutare quel fattore emotivo che la danza dovrebbe rappresentare e che, a mio parere, resta comunque il più importante e il più immediato, lo stesso che porta lo spettatore a decidere se quella determinata esibizione è stata “bella oppure no”.
Nel corso del Galà sopracitato, i ragazzi si sono cimentati in parecchie performances, molte delle quali di notevole difficoltà tecnica, e tutti a modo loro hanno mostrato il loro livello di preparazione all’interno dell’accademia. Tuttavia, come già affermato in precedenza, vorrei sottolineare che la “tecnica”, seppur molto importante visto il genere di spettacolo, non è tutto. Un ballerino, o ballerina che sia, deve avere quel “qualcosa in più” che lasci lo spettatore senza fiato, viso, cuore, anima e corpo devono essere un’unica entità, bisogna essere coscienti di cosa si sta ballando e del personaggio che si sta interpretando. Ballare un ruolo, infatti, è anche recitarne il personaggio: bisogna camminare come camminerebbe lui, girare come girerebbe lui, respirare e pensare come lo farebbe lui, non si è più semplicemente se stessi, ma si diventa qualcun altro per poco più di tre minuti. È proprio questo che rende l’arte, la danza in questo caso, così speciale ed è proprio questo che chi lavora con dei giovani talenti della danza dovrebbe insegnare, oltre all’aspetto tecnico della disciplina. Se fosse solo tecnica, non sarebbe arte, sarebbe sport.
Tra le esibizioni più complete della serata, quelle che lasciano ben sperare sul futuro artistico della danza italiana, possiamo citare la prima odalisca del Pas De Trios del Corsaro, atto terzo, interpretato da una scioltissima Valentina Daniel, nei panni di Medora una bellissima schiava greca. Agile, espressiva e dinamica, questo giovane talento ha proposto un’interpretazione ottima di questa variazione, semplice soltanto in apparenza.
Stessi commenti positivi possiamo esprimerli in relazione ad altre due splendide esecuzioni: la seconda variazione del Pas De Trois del “Lago dei Cigni”, interpretata da Irene Criscino e una variazione tratta da Paquita, per opera di Selina Benedetti in un elegante tutù color oro. Tutte e tre le ragazze frequentano l’ultimo corso dell’Accademia Ucraina e si diplomeranno alla fine dell’anno, quindi non stupisce che queste tre siano state tra le performances migliori della serata.
Altre due esibizioni che hanno lasciato tutti gli spettatori a bocca aperta, sono state sicuramente quelle interpretate da Ilaria Graci e Ramon Agnelli. La prima ha impersonato la meravigliosa Kitri, proponendo la variazione tratta dal terzo atto del Don Quisciotte, famosa per essere una variazione vivace e ricca di stile, entrambi elementi messi in scena in modo eccellente. Ramon invece, ha stupito tutti con una frizzante esibizione tratta da Markitenka, un balletto russo in un atto musicato da Cesare Pugni, virtuoso ed energico questo giovane talento farà sicuramente parlare di sé in futuro, visto il modo in cui ha interpretato questo personaggio.
Non essendo questa una vera e propria recensione, vorrei non soffermarmi sulle critiche negative né tantomeno sull’analisi tecnica specifica di questa serata di Gala, poiché non essendo ancora “danzatori professionisti”, nel senso che per adesso non vengono retribuiti per ballare, credo che ci sia un ampio margine di miglioramento in ognuno di loro e che avranno tempo a sufficienza per essere criticati in futuro, quando entreranno a pieno regime nel mondo del lavoro artistico, che pullula di “critici” che non vedono l’ora di sfogarsi. C’è anche da dire che probabilmente non tutti diventeranno ballerini, alcuni insegneranno, altri saranno parte di qualche corpo di ballo, altri ancora lasceranno la danza classica per favorire altri stili, ma in ogni caso quello che gli auguro è di non perdere quella passione che si è letta nei loro occhi, perché è quella la vera fiamma dell’arte.
Se siete curiosi di vederli all’opera, sotto i riflettori di un teatro di tutto rispetto, i ragazzi dell’accademia metteranno in scena l’intramontabile Lago dei Cigni, musicato da Pëtr Il'ič Čajkovskij, il prossimo 17 maggio al Teatro degli Arcimboldi di Milano. Un appuntamento da non perdere!
10 IMMANCABILI SFIDE DI UN BALLERINO A UN'AUDIZIONE - Di Adele Di Giovanni
- 30 marzo 2015 -
Aspetti quel giorno da mesi, tutto il tuo futuro dipende da quell’unica possibilità di farti vedere dai potenziali produttori teatrali, coreografi, registi e chi più ne ha più ne metta. La tensione aumenta di minuto in minuto… ma c’è qualcosa che proprio non manca mai!
1) Il dolore inatteso: Sei una persona precisa, sempre allenata, con i muscoli pronti a qualsiasi cosa, non ti ammali mai… ma la mattina della fatidica audizione ti risvegli con un antico dolore muscolare risalente all’anteguerra che ha deciso di farsi vivo proprio oggi, facendoti riscoprire muscoli che tu nemmeno sapevi di avere! Ma a tutto c’è rimedio… l’arnica gel, unica e sola compagna di avventure in queste circostanze!
2) L’Old Wild West: Ti svegli, sei pronto, esci di casa e vai verso il parcheggio della tua macchina o alla fermata dell’autobus/metro che sia, per recarti al luogo del tanto temuto provino, ma aspetta… Controlli bene dove devi andare e ti accorgi che si tratta dell’unica zona della città che tu non hai mai visto! L’unico modo è avventurarsi, menomale che sei uscito di casa con largo anticipo. Armato di Google Maps e Smartphone, riesci a individuare la zona, ma non la scuola di danza/teatro, perché magicamente il numero indicato sul bando non esiste! Ti guardi intorno e ti accorgi che, come te, tanta gente con borsoni, zaini e valigie ha lo sguardo smarrito, come se fosse perso nello spazio infinito. Ti avvicini e con cautela chiedi a questa gente se sta cercando il luogo dell’audizione, ti risponde di sì. E insieme, armati di tanta buona volontà, come se foste una grande famiglia, trovate la stradina secondaria in cui si trova la porticina nascosta che è l’entrata della sede del provino.
3) Competizione: La grande famiglia di qualche istante prima era una mera illusione! Al momento della registrazione, ti accorgi che tutti sono andati a salutare “gente” e tu resti da solo. Tutti sono “grandi amici”, sembrano conoscersi da sempre e tu non puoi che recarti nel tuo angolo, poggiare la borsa e iniziare a scaldare i muscoli!
4) Svetlana Zakharova e Roberto Bolle: Ogni volta, immancabilmente, qualsiasi sia il genere di audizione che devi fare - quella per un musical, per una compagnia di danza, per una rock band, per Masterchef o per fare il pubblico ad Italia’s Got Talent - ci saranno sempre quei due, perché in genere c’è sia la versione maschile che la versione femminile, che, senza nemmeno essersi scaldati, alzano una gamba, arrivando a formare un angolo di 180 gradi con l’altra… ricordandoti che tu nemmeno se ti sforzi tutta la vita riuscirai mai a fare una cosa del genere!
5) Disordini alimentari: Decidi comunque di NON ARRENDERTI. Continui il tuo riscaldamento, facendo qualche sorriso a chi ti sta intorno, sperando di trovare qualcuno con cui parlare, giusto il tempo di ingannare l’attesa. Ci riesci, ti aggreghi ad un piccolo gruppetto, ma le uniche cose che senti dire sono “io questa mattina ho mangiato mezzo yogurt magro e un chicco di riso”! Ovviamente sorridi, annuisci e ti tocchi la pancia, sperando che nessuno riesca a intravedere il gonfiore della colazione al bar, con tanto di cappuccino e brioche, di qualche attimo prima.
6) La carica dei 101: Inizia l’audizione, tutti i ballerini sono convocati in sala. Il coreografo si presenta e inizia a spiegare la sequenza, c’è un unico problema… Siamo circa 500 e la sala è minuscola! Tutti accalcati in prima fila e tu riesci soltanto a “marcare” – per i non ballerini, questo è un termine che indica l’accennare il movimento senza farlo davvero – la coreografia un paio di volte e poi… it’s show time!
7) Show Must Go On: È il tuo momento, siete divisi in gruppi da cinque o sei persone al massimo e sei in coda per esibirti con il tuo gruppo. Guardi gli altri prima di te, ripassando mentalmente i passi, quando un tuo “collega” ti guarda e ti chiede: “Scusa, il braccio è al 7 o all’8? Perché ho visto che tu lo fai al 7 e io all’8!”. Panico. Inizi a ripassare, ma il dubbio si è impossessato di te e tutte le tue certezze sono crollate! “Next Group!”, senti chiamare e non c’è più tempo per pensare!
8) “Tombola!”: È il momento della verità, vengono chiamati i numeri dei ballerini che passano il turno. Ascolti con attenzione e le facce delle persone che guardano sono un misto di ansia e terrore. 9 volte su 10 tu non verrai chiamato e guardi le cifre che compongono il tuo numero sperando di sentirlo pronunciare dal coreografo… Sì, come se stessi aspettando l’ultimo numerino per poter gridare “Tombola!”.
Però non tutto è perduto, questa volta ce l’hai fatta, ti chiamano, sorridi e vai avanti, al contrario dei due classicofili dalle gambe ad angolo piatto che hai visto prima!
9) “Le faremo sapere!”: Finita l’audizione, è il momento dell’immancabile discorso di commiato, in cui ti dicono di “non arrenderti” e che comunque “tutti, se siamo arrivati a questo punto, siamo dei grandi ballerini”, ma ogni volta chiamano soltanto quei cinque che immaginavi sarebbero passati già dall’inizio!
10) Premio di consolazione: La giornata è finita e non ti resta che consolarti con una “cena da campione”, a base di pizza e con tanto di dolce alla fine!
1) Il dolore inatteso: Sei una persona precisa, sempre allenata, con i muscoli pronti a qualsiasi cosa, non ti ammali mai… ma la mattina della fatidica audizione ti risvegli con un antico dolore muscolare risalente all’anteguerra che ha deciso di farsi vivo proprio oggi, facendoti riscoprire muscoli che tu nemmeno sapevi di avere! Ma a tutto c’è rimedio… l’arnica gel, unica e sola compagna di avventure in queste circostanze!
2) L’Old Wild West: Ti svegli, sei pronto, esci di casa e vai verso il parcheggio della tua macchina o alla fermata dell’autobus/metro che sia, per recarti al luogo del tanto temuto provino, ma aspetta… Controlli bene dove devi andare e ti accorgi che si tratta dell’unica zona della città che tu non hai mai visto! L’unico modo è avventurarsi, menomale che sei uscito di casa con largo anticipo. Armato di Google Maps e Smartphone, riesci a individuare la zona, ma non la scuola di danza/teatro, perché magicamente il numero indicato sul bando non esiste! Ti guardi intorno e ti accorgi che, come te, tanta gente con borsoni, zaini e valigie ha lo sguardo smarrito, come se fosse perso nello spazio infinito. Ti avvicini e con cautela chiedi a questa gente se sta cercando il luogo dell’audizione, ti risponde di sì. E insieme, armati di tanta buona volontà, come se foste una grande famiglia, trovate la stradina secondaria in cui si trova la porticina nascosta che è l’entrata della sede del provino.
3) Competizione: La grande famiglia di qualche istante prima era una mera illusione! Al momento della registrazione, ti accorgi che tutti sono andati a salutare “gente” e tu resti da solo. Tutti sono “grandi amici”, sembrano conoscersi da sempre e tu non puoi che recarti nel tuo angolo, poggiare la borsa e iniziare a scaldare i muscoli!
4) Svetlana Zakharova e Roberto Bolle: Ogni volta, immancabilmente, qualsiasi sia il genere di audizione che devi fare - quella per un musical, per una compagnia di danza, per una rock band, per Masterchef o per fare il pubblico ad Italia’s Got Talent - ci saranno sempre quei due, perché in genere c’è sia la versione maschile che la versione femminile, che, senza nemmeno essersi scaldati, alzano una gamba, arrivando a formare un angolo di 180 gradi con l’altra… ricordandoti che tu nemmeno se ti sforzi tutta la vita riuscirai mai a fare una cosa del genere!
5) Disordini alimentari: Decidi comunque di NON ARRENDERTI. Continui il tuo riscaldamento, facendo qualche sorriso a chi ti sta intorno, sperando di trovare qualcuno con cui parlare, giusto il tempo di ingannare l’attesa. Ci riesci, ti aggreghi ad un piccolo gruppetto, ma le uniche cose che senti dire sono “io questa mattina ho mangiato mezzo yogurt magro e un chicco di riso”! Ovviamente sorridi, annuisci e ti tocchi la pancia, sperando che nessuno riesca a intravedere il gonfiore della colazione al bar, con tanto di cappuccino e brioche, di qualche attimo prima.
6) La carica dei 101: Inizia l’audizione, tutti i ballerini sono convocati in sala. Il coreografo si presenta e inizia a spiegare la sequenza, c’è un unico problema… Siamo circa 500 e la sala è minuscola! Tutti accalcati in prima fila e tu riesci soltanto a “marcare” – per i non ballerini, questo è un termine che indica l’accennare il movimento senza farlo davvero – la coreografia un paio di volte e poi… it’s show time!
7) Show Must Go On: È il tuo momento, siete divisi in gruppi da cinque o sei persone al massimo e sei in coda per esibirti con il tuo gruppo. Guardi gli altri prima di te, ripassando mentalmente i passi, quando un tuo “collega” ti guarda e ti chiede: “Scusa, il braccio è al 7 o all’8? Perché ho visto che tu lo fai al 7 e io all’8!”. Panico. Inizi a ripassare, ma il dubbio si è impossessato di te e tutte le tue certezze sono crollate! “Next Group!”, senti chiamare e non c’è più tempo per pensare!
8) “Tombola!”: È il momento della verità, vengono chiamati i numeri dei ballerini che passano il turno. Ascolti con attenzione e le facce delle persone che guardano sono un misto di ansia e terrore. 9 volte su 10 tu non verrai chiamato e guardi le cifre che compongono il tuo numero sperando di sentirlo pronunciare dal coreografo… Sì, come se stessi aspettando l’ultimo numerino per poter gridare “Tombola!”.
Però non tutto è perduto, questa volta ce l’hai fatta, ti chiamano, sorridi e vai avanti, al contrario dei due classicofili dalle gambe ad angolo piatto che hai visto prima!
9) “Le faremo sapere!”: Finita l’audizione, è il momento dell’immancabile discorso di commiato, in cui ti dicono di “non arrenderti” e che comunque “tutti, se siamo arrivati a questo punto, siamo dei grandi ballerini”, ma ogni volta chiamano soltanto quei cinque che immaginavi sarebbero passati già dall’inizio!
10) Premio di consolazione: La giornata è finita e non ti resta che consolarti con una “cena da campione”, a base di pizza e con tanto di dolce alla fine!
BALLARE PER LAVORARE O LAVORARE PER BALLARE? - Di Adele Di Giovanni
- 2 marzo 2015 -
Lo studio della danza è un percorso difficile e arduo, una strada che si dovrebbe intraprendere da bambini - anche se esistono al mondo parecchie eccezioni in cui il talento individuale ha sovrastato ogni età - e alla quale bisogna dedicare parecchio tempo, sudore, fatica e sacrifici.
In Italia, paese che dovrebbe essere la culla artistica del mondo occidentale, essere un artista equivale ad essere un “disoccupato che non ha voglia di cercarsi un lavoro vero” e spesso si ha la concezione che esibirsi davanti ad un pubblico sia già una consolazione sufficiente per chi studia arte e che quindi lo si può tranquillamente fare gratis. Che bisogno hanno questi ragazzi di guadagnare qualcosa? Loro lo fanno per passione d’altra parte… non hanno bollette o affitto da pagare, vivono tutti insieme in un campo fiorito saltellando da mattina a sera!
Ironia a parte, l’artista che lavora gratis, per passione, è uno dei clichè più frequenti nella mente degli organizzatori di eventi, che chiamano appunto questi “artisti” ad esibirsi nei locali in cambio di pubblicità e visibilità. E per la danza la questione non è certo differente! Il lavoro del ballerino nel nostro bel paese non è forse nemmeno considerabile come tale!
Sei considerato “danzatore professionista” nel momento in cui vieni pagato per ballare e per far parte di una compagnia di danza, cosa che però, vista la scarsità di fondi che vengono dedicati a questo settore da parte delle amministrazioni governative, rende tutto quanto ancor più difficile. E’ vero che la concorrenza è tosta ed è vero che il talento e la determinazione giocano un ruolo fondamentale nella riuscita personale di un ballerino, ma è pur vero che “ballare”, agli occhi del mondo intero, è semplicemente quello che si fa in discoteca il sabato sera e non viene minimamente preso in considerazione lo studio e la dedizione che stanno dietro questa professione, per farvi capire meglio: un ballerino professionista dedica allo studio della danza un numero di ore spropositato ogni giorno, allenando il proprio corpo e modellandolo secondo quelli che sono i canoni estetici e tecnici che questa disciplina richiede, studia come utilizzare la musica e crea con il suo corpo un linguaggio… e per farlo deve rinunciare a parecchi pezzi della propria vita!
La cosa più assurda però è che nel nostro paese è pieno di bravi ballerini e di ottime compagnie di danza – si vedano i Kataklò, i Momix, i Montaggio Parallelo, l’Aterballetto solo per citarne alcune - che però non riescono a valorizzarsi a causa delle poche agevolazioni economiche, spesso del tutto assenti, che vengono loro destinate. Non ultimo appunto lo scandalo che ha coinvolto parecchi teatri milanesi riguardo l’enorme quantità di denaro destinata all’allestimento di uno spettacolo del famoso Cirque du Soleil, in occasione dell’EXPO 2015, mentre i fondi ai teatri nostrani scarseggiano sempre più.
È vero che non tutti coloro che studiano danza poi diventano ballerini di fama internazionale, ma se le possibilità che questo paese offrisse fossero strutturate meglio, allora la maggior parte dei talenti italiani non sarebbe costretta ad emigrare all’estero per poter lavorare facendo quello che amano e quello per cui hanno studiato tutta una vita. Ci sono talenti italiani in ogni parte del mondo e lì vengono apprezzati più di quanto non lo siano mai stati in Italia… questo dovrebbe far riflettere e dovrebbe far aprire gli occhi a tutti coloro che credono che l’arte sia soltanto un hobby. La “fuga” dall’Italia quindi non è soltanto di “cervelli”, ma di veri e propri “talenti”, giusto per citarne qualcuno: Sara Renda, ballerina siciliana che ha studiato all’Accademia di Danza del Teatro alla Scala di Milano, qualche mese fa è stata promossa prima ballerina del Ballet de l’Opera National de Bordeaux e Francesco Gabriele Frola, ballerino valdostano che fa parte del corpo di ballo del National Ballet of Canada, interpreta il ballerino russo Nijinsky nell’omonimo balletto della suddetta compagnia. I due artisti, tra l’altro, sono stati insigniti del premio di Danza&Danza 2014 come “miglior ballerino all’estero”.
Riguardo coloro che decidono di restare e lottare in patria, e non ci discostiamo molto dal lato ironico di questa affermazione, spesso questi devono necessariamente ripiegare su lavoretti di fortuna per poter arrivare a pagare tutte le spese e pagarsi tutte le lezioni che servono per migliorarsi sempre di più – che hanno un costo non indifferente - aspettando il momento in cui la fortuna girerà e deciderà che “è arrivato il loro momento”!
In Italia, paese che dovrebbe essere la culla artistica del mondo occidentale, essere un artista equivale ad essere un “disoccupato che non ha voglia di cercarsi un lavoro vero” e spesso si ha la concezione che esibirsi davanti ad un pubblico sia già una consolazione sufficiente per chi studia arte e che quindi lo si può tranquillamente fare gratis. Che bisogno hanno questi ragazzi di guadagnare qualcosa? Loro lo fanno per passione d’altra parte… non hanno bollette o affitto da pagare, vivono tutti insieme in un campo fiorito saltellando da mattina a sera!
Ironia a parte, l’artista che lavora gratis, per passione, è uno dei clichè più frequenti nella mente degli organizzatori di eventi, che chiamano appunto questi “artisti” ad esibirsi nei locali in cambio di pubblicità e visibilità. E per la danza la questione non è certo differente! Il lavoro del ballerino nel nostro bel paese non è forse nemmeno considerabile come tale!
Sei considerato “danzatore professionista” nel momento in cui vieni pagato per ballare e per far parte di una compagnia di danza, cosa che però, vista la scarsità di fondi che vengono dedicati a questo settore da parte delle amministrazioni governative, rende tutto quanto ancor più difficile. E’ vero che la concorrenza è tosta ed è vero che il talento e la determinazione giocano un ruolo fondamentale nella riuscita personale di un ballerino, ma è pur vero che “ballare”, agli occhi del mondo intero, è semplicemente quello che si fa in discoteca il sabato sera e non viene minimamente preso in considerazione lo studio e la dedizione che stanno dietro questa professione, per farvi capire meglio: un ballerino professionista dedica allo studio della danza un numero di ore spropositato ogni giorno, allenando il proprio corpo e modellandolo secondo quelli che sono i canoni estetici e tecnici che questa disciplina richiede, studia come utilizzare la musica e crea con il suo corpo un linguaggio… e per farlo deve rinunciare a parecchi pezzi della propria vita!
La cosa più assurda però è che nel nostro paese è pieno di bravi ballerini e di ottime compagnie di danza – si vedano i Kataklò, i Momix, i Montaggio Parallelo, l’Aterballetto solo per citarne alcune - che però non riescono a valorizzarsi a causa delle poche agevolazioni economiche, spesso del tutto assenti, che vengono loro destinate. Non ultimo appunto lo scandalo che ha coinvolto parecchi teatri milanesi riguardo l’enorme quantità di denaro destinata all’allestimento di uno spettacolo del famoso Cirque du Soleil, in occasione dell’EXPO 2015, mentre i fondi ai teatri nostrani scarseggiano sempre più.
È vero che non tutti coloro che studiano danza poi diventano ballerini di fama internazionale, ma se le possibilità che questo paese offrisse fossero strutturate meglio, allora la maggior parte dei talenti italiani non sarebbe costretta ad emigrare all’estero per poter lavorare facendo quello che amano e quello per cui hanno studiato tutta una vita. Ci sono talenti italiani in ogni parte del mondo e lì vengono apprezzati più di quanto non lo siano mai stati in Italia… questo dovrebbe far riflettere e dovrebbe far aprire gli occhi a tutti coloro che credono che l’arte sia soltanto un hobby. La “fuga” dall’Italia quindi non è soltanto di “cervelli”, ma di veri e propri “talenti”, giusto per citarne qualcuno: Sara Renda, ballerina siciliana che ha studiato all’Accademia di Danza del Teatro alla Scala di Milano, qualche mese fa è stata promossa prima ballerina del Ballet de l’Opera National de Bordeaux e Francesco Gabriele Frola, ballerino valdostano che fa parte del corpo di ballo del National Ballet of Canada, interpreta il ballerino russo Nijinsky nell’omonimo balletto della suddetta compagnia. I due artisti, tra l’altro, sono stati insigniti del premio di Danza&Danza 2014 come “miglior ballerino all’estero”.
Riguardo coloro che decidono di restare e lottare in patria, e non ci discostiamo molto dal lato ironico di questa affermazione, spesso questi devono necessariamente ripiegare su lavoretti di fortuna per poter arrivare a pagare tutte le spese e pagarsi tutte le lezioni che servono per migliorarsi sempre di più – che hanno un costo non indifferente - aspettando il momento in cui la fortuna girerà e deciderà che “è arrivato il loro momento”!